NOTE SUGLI IPERTESTI

Ottavio de Manzini


Mirano (Venezia), aprile 1995



I nostri testi, se sufficientemente ampi e degni, vengono stampati, in volumi.

Dovremmo pensare proprio al volume qual era nella forma che gli ha dato il nome, per individuare la caratteristica "spaziale" di un testo scritto, cioè la linearità. Il rotolo di pergamena che si svolgeva e si avvolgeva avrebbe potuto essere lunghissimo, ma era costituito, come qualsiasi cosa scritta, da un unica linea, anche se apparentemente interrotta da segni diacritici e da spazi corrispondenti agli "a capo". Se noi pensiamo però alle conoscenze, alle memorie, ai ragionamenti, alle emozioni e alle intuizioni dell'autore che concorrono a formare quell'esile linea e in essa si condensano, ci accorgeremo subito che esse non hanno affatto un andamento lineare e tantomeno un ordine spaziale o temporale.

Quella linea di testo nasce dallo sforzo di organizzare, ordinare, fissare e render chiari concetti ed idee che, prima, nella nostra mente, erano affastellati, confusi e sparsi; nè si può negare che saper scrivere un testo, scientifico, giuridico o letterario che sia, consista proprio in questa capacità di organizzazione , nel saper quasi "distillare" o "rettificare" una pluralità di dati disorganizzati.

Nel procedimento che è costretto a seguire per ridurre il tutto a un'unica linea, colui che scrive si trova però a dover omettere molte cose, a trascurare qualche approfondimento che pure sarebbe importantissimo conoscere, a rinunciare a discussioni e argomentazioni che appesantirebbero il testo, o lo frammenterebbero.

In vari modi, fin dall'antichità si è cercato di sfuggire a tale costrizione, mediante note a piè di pagina, chiose a margine o addirittura con l'inserzione di grafici, tavole sinottiche o carte geografiche.

Si tentava così di sottrarsi alla frustrante linearità del testo, proponendo anche, in parte, quelle superfici, quelle macchie di leopardo di conoscenza che, presenti nella mente o negli appunti dell'autore, vengono poi filate, come la lana di un fuso, per divenire testo scritto. Note, chiose e tavole sono però soltanto degli escamotage, e non possono eccedere ben delimitate estensioni, indipendentemente dalla loro importanza. Queste limitazioni, che non derivano da esigenze di chiarezza o di omogeneità logica ma unicamente dalle caratteristiche fisiche dei mezzi impiegati, il foglio, il volume, la pagina, non sono relative al testo in sè ma al mezzo col quale il testo viene comunicato ai fruitori. Cambiando il mezzo esse possono essere evitate (1).

Oggi viviamo in un mondo dove l'immagine e il movimento fanno premio sulla lettera e sulla sua fissità testuale: in ciò, come in tutto, c'è anche del buono: oggi un testo può non essere soltanto un testo scritto su un foglio dalle dimensioni predefinite: sempre più spesso anche i testi compaiono su schermi virtualmente illimitati che noi possiamo usare come finestre mobili, come obiettivi fotografici, spostandoci, senza limitazioni, a destra, a sinistra, in alto e in basso (2). Vi sono dei testi, che vengono oggi chiamati ipertesti che non dovrebbero mai essere stampati: quando lo sono perdono il loro ordine, la loro organizzazione e ogni chiarezza, si riducono a una serie di paragrafi, di disegni o di note musicali, disposti uno dopo l'altro senza un criterio logico. Sono infatti destinati ad essere fruiti su un video, secondo logiche e percorsi che dipendono in larga misura da chi legge (3).

La loro caratteristica, che solo sullo schermo di un computer può manifestarsi, è di essere costituiti non da un'unica linea di testo, ma da più linee o segmenti testuali, variamente disposti e intersecantisi, a forma di albero, di rete a maglie triangolari, quadrate, con un numero n di angoli. Da ogni punto di un segmento testuale può dipartirsi un altro segmento, che può incrociarne un altro ancora o concludersi in sè stesso. I punti di intersezione sono detti nodi (4).

Ma il paragone che sorge spontaneo è quello con la rete stradale, anch'essa frutto di un'attività umana, culturale, economica, comunque strategica nell'accezione più ampia del termine.

Partiamo da Mestre per andare a Roma (ammesso che lo si desideri, che si debba o che si abbia qualche convenienza a farlo). Potremo sempre, visto che tutte le strade portano a Roma, lasciare a un certo punto l'autostrada e visitare, che ne so, Ponte di Legno, Gallipoli o Arcore, e ritornare poi sulla strada che conduce alla nostra meta; potremmo ritenere istruttivo, prima di visitare la capitale e per capirla meglio, fare addirittura una visita preventiva ad Avellino, o a Palermo...

Ma immaginiamo un altro esempio, tanto per ritornare al testo e all'ipertesto: un argomento storico, diciamo la rivoluzione industriale. Sul nostro schermo cominciamo a leggere un testo "lineare" che parla di questo fenomeno in generale: stiamo procedendo su di un segmento. Alla terza riga troviamo un nome: "Adam Smith", che ci appare con caratteri corsivi, o in grassetto. Ciò significa che in quel punto possiamo abbandonare il segmento sul quale ci troviamo per iniziare la lettura di un altro, dedicato al padre dell'economia di mercato. Possiamo anche ignorare questa possibilità, e proseguire.

Ad un certo punto potremmo trovare un accenno alla distribuzione delle aree industriali nell'Inghilterra del Settecento, con una simbologia che ci suggerisce un altro modo di sfruttare le possibilità offerte dall'ipertesto: senza dover abbandonare il segmento principale possiamo far comparire, a fianco di quello che stiamo leggendo, una cartina tematica e mantenerla visibile anche se continuiamo a far scorrere le righe, in successive videate sull'altra porzione dello schermo. Quando l'immagine non ci servirà più potremo farla "scomparire". Se poi troviamo il simbolo che ci indica la presenza di una nota bibliografica, di una citazione, o di un breve approfondimento, potremo leggerli subito, senza attendere di aver finito la pagina o senza dover andare a cercare alla fine del capitolo, nel caso di note così disposte. Lo stesso discorso vale per le immagini e i suoni, per cui nell'ipertesto dedicato al periodo della rivoluzione industriale potremo vedere un dipinto di Hogarth e ingrandirne i particolari su uno schermo (oggi disponibile a bassissimo prezzo), con migliaia di colori e con una definizione pari a due volte quella del televisore, o ascoltare, contemporaneamente, un brano di Haendel, con le casse dello stereo opportunamente collegate al computer.

Proseguendo nella nostra lettura incontreremo, ad esempio, il termine "mercantilismo": anche questo sarà segnato in modo da evidenziare il fatto che si tratta di un nodo, dal quale si diparte un altro segmento testuale, ad esso dedicato.

Poniamo che si voglia approfondire questo argomento: si sceglierà di abbandonare il segmento sul quale ci trovavamo e di iniziare quello dedicato al mercantilismo: a metà di esso potremmo trovare un altro nodo definito come "Adam Smith", e questa volta potremmo ritenere di aver bisogno di sapere qualcosa di più sull'autore della "Ricchezza delle nazioni": possiamo allora intraprendere questa nuova strada.

In questo caso avremo compiuto un percorso coincidente con una maglia della rete ipertestuale, costituita dal segmento principale, dal segmento "Adam Smith" e dal segmento "mercantilismo " (5).

L'osservazione più ovvia è che in un simile "viaggio" ci si può perdere, e non trovare più la via che avevamo abbandonato, attratti da sempre nuove sollecitazioni. L'elettronica ci viene in aiuto: da qualsiasi punto possiamo ripercorrere passo dopo passo, a ritroso, la strada che abbiamo fatto, realizzando un personale sogno proustiano.

Credo tuttavia che i pericoli insiti nell'ipertesto, come in ogni sofisticato strumento di conoscenza, siano molti (6).

Innanzitutto, e almeno finchè non si saranno acquisite una certa esperienza dello strumento e una conoscenza sommaria dell'argomento, (conoscenza che coincide coi segmenti principali), sarà opportuno non lasciarsi tentare troppo dalle possibili divagazioni.

Con ciò però appare anche chiaramente come l'ipertesto sia un eccellente strumento di studio (7) , poichè induce un approccio graduale e libero ad ogni argomento; se si procederà infatti a una lettura progressiva del segmento principale, integrandola poi con una veloce ripetizione che si estenda fino ai nodi di primo livello, poi a quelli gerarchicamente inferiori, si avrà alla fine la sensazione di aver seguito un metodo, di essersi accostati a un argomento in maniera umile e graduale (vorrei dire iniziatica), pur senza aver rinunciato al nostro libero arbitrio, che ci permetteva di sbagliare, offrendoci comunque la possibilità di conoscere prima cose che era meglio conoscere dopo...

La sequenzialità imposta dal testo cartaceo, o dalla lezione che ad esso si ispira, fornisce connessioni logiche predeterminate, ricerche preconfezionate, pesanti, eterogestite, insoddisfacenti e limitate.

La possibilità offerta al fruitore dell'ipertesto invece, è quella che contraddistingue l'apprendimento nella sua accezione nativa (8), nel suo metodo genetico (9): si basa su logiche associative , nelle quali le precedenti esperienze e ricerche, le abilità e le conoscenze precedenti non vanno perdute (10), nelle quali ogni raggiungimento può essere ottenuto per vie che sono diverse per ognuno, anche se spesso giungono alle medesime conclusioni; l'importante, per chi ha a cuore la libertà dell'intelletto umano, del pensiero e dell'individuo, è di evitare massificazioni e standardizzazioni che non siano frutto di libere scelte e di autonome esperienze...

Lo strumento elettronico ipertestuale offre tuttavia la possibilità all'estensore del testo di attribuire graficamente un valore gerarchico ai varii nodi, cioè alle diverse possibili espansioni, integrazioni, divagazioni o note, per cui sapremo in anticipo l'importanza (per l'estensore, ma non necessariamente per il fruitore), rispetto all'argomento principale, della "deviazione" che possiamo imboccare (11).

A proposito delle tecniche relative alla redazione di ipertesti, penso di poter affermare che chiunque sia in grado di utilizzare un Word Processor o programma di scrittura, può, con un minimo sforzo, apprendere le procedure necessarie a creare un'ipertesto, anche perchè esso può essere realizzato collegando opportunamente testi, immagini e suoni preesistenti, specie quando si disponga di uno scanner, quello strumento che memorizza su disco magnetico ciò che, proprio come in una fotocopiatrice, viene inserito in esso, di un elaboratore di suoni e di immagini (12).

Da quanto si è detto potremmo anche arrivare alla conclusione che ogni argomento, a qualsiasi disciplina faccia riferimento, contenga in sé la possibilità di essere collegato ad un qualsiasi altro argomento, e possa pertanto costituire un "nodo".

Il tanto dibattuto della interdisciplinarità troverebbe anch'esso una soluzione, in termini di potenzialità (13), perchè non è detto che i collegamenti esistenti in un ipertesto debbano per forza essere attivati.

L'ipertesto fornisce così al discente un certo numero di possibilità di espansione (14) , di approfondimenti (e maggiore è il loro numero, più perfetto è l'ipertesto). Tra essi si svolge la navigazione, che può essere anche tempestosa (15), secondo scelte ispirate ai procedimenti logici, alle tendenze, agli schematismi, alle abilità e alle conoscenze proprie e irripetibili di ciascun soggetto navigante (16) ; ognuno può percorrere la propria rotta, nessuno è costretto ad adeguarsi a un lento convoglio (la cui velocità è per definizione quella della nave più lenta), ognuno può sbagliare e correggersi.

Così, procedendo "per li rami", potremmo forse collegare ogni argomento con qualsiasi altro, e unire Storia, Diritto, Fisica, Letteratura, Matematica e Filosofia, tutto il sapere umano, in un unico ipertesto.

Tale idea apparve forse per la prima volta, in relazione a una "macchina" con l'articolo "As we may think" (Come si potrebbe pensare) apparso nel 1945 sull' "Atlantic Monthly" (17). In esso lo studioso statunitense Vannevar Bush, un pioniere dell'informatica fin dagli anni Trenta, immaginava un computer meccanico, che egli chiamò Memex, capace di archiviare e collegare dati. Egli viene perciò considerato come uno dei padri della tecnica ipertestuale (18).

Va notato comunque il legame logico (o analogico) che unisce Memex ad Alan Turing (19), lo studioso che nei primi anni Trenta, diede il nome ad una teorica macchina da lui progettata, e che è considerata la madre di tutti i moderni computers. Si può infatti affermare che "tutti gli elaboratori digitali sono essenzialmente uno solo: nulla altro che diverse versioni della macchina di Turing"

Nel 1960 poi, Ted Nelson, un altro ricercatore nordamericano ideò il progetto Xanadu, che avrebbe dovuto raccogliere, utilizzando le nuove apparecchiature elettroniche e le loro possibiltà di collegamento, testi, documenti e immagini ovunque creati o raccolti (20) .

Il vocabolo che definisce i testi realizzati con strumenti ipertestuali non andrebbe quindi usato al plurale: ogni ipertesto realizzato è un ipertesto imperfetto, non è altro che una parte di un unicum non ancora compiuto:

l' Ipertesto, potrebbe così venir fatto coincidere con tutto il sapere umano (21) , se solo noi potessimo collegare e nel collegamento ritrovare ogni realtà, culturale o naturale (22).

È questo forse il folle sogno dei moderni alchimisti ipertestuali: ricomporre quell'unità della scienza e della conoscenza di cui si vantavano i dotti del nostro medioevo, con le loro "summae" e la loro Scolastica.



NOTE AL TESTO:

1 Sull'argomento: Calvani,A., Dal libro stampato al libro multimediale, Firenze, 1990

2 cfr.: Pentiraro, E., Il libro elettronico in: Informatica & Scuola, ottobre 1992 pp.22-27

3 Sull'argomento: Corcione D., Di Tonto G.: Dal Testo all' Ipertesto - Teoria, utilizzo ed aree applicative, Jackson, Milano, 1990 e, per l'aspetto didattico, ma con riserve inerenti la terminologia (anche quella del titolo stesso) , 'inquadramento storico e tecnico e la bibliografia, Martini G.: L'Ipertesto di lettura, in "Folio", suppl. al n°13, settembre-dicembre 1991, pagg. 6 e 7

4 Contrariamente all'uso ormai invalso, preferisco usare il termine nodi per i punti che collegano le linee di testo, anziché per i diversi elementi testuali.

5 Sull'argomento: Paolini, P., (a cura di) Navigare con gli ipertesti, in: Zerouno, dicembre 1989

6 Pellerey, M., Informatica e scuola controluce. Nuove tecnologie e processi formativi, in: Informatica & Scuola, gennaio 1993 pp.48-49

7 cfr.: Limongi, P., Ambienti multimediali e ipermedia al servizio della formazione e della didattica, in: Informatica & Scuola, dicembre 1994 pp.36-37

8 cfr.: Vygotskij, L.S., Il processo cognitivo, Boringhieri, Torino, 1980

9 Bateson, G., Mente e natura, Adelphi, Milano, 1984

10 Anderson, J.R., Psicologia cognitiva e sue applicazioni, Zanichelli, Bologna, 1993

11 Di Tonto, G., Architettura degli ipertesti e progettazione didattica, in: MIT, luglio 1992 pp.12-19

12 Tonfoni, G., La comunicazione multimediale, Pagus, Treviso, 1991

13 Margiotta, U., Tecnologia e creatività in classe, Maggioli Editore, Rimini, 1986

14 Nagel, E., La struttura della scienza, Feltrinelli, Milano, 1968

15 Papert, S., Mindstorms, Emme edizioni, Torino, 1984

16 Gardner, H., Formae mentis, Feltrinelli, Milano, 1987

17 Atlantic Monthly n.176, 1945

18 Sull'argomento:

M.K.Buckland: Emanuel Goldberg, Electronic Document Retrieval, and Vannevar Bush' Memex, "Journal of the American Society for Information Science" 1992

19 Turing, S., Alan M. Turing, W Heffer & Sons, Cambridge, 1959

20 Maltese, F., Cronologia degli ipertesti, in: Multimedia, maggio 1993 pp.70-74

21 Bruno, G., De la causa, principio ed uno, Principato, Messina, 1923

22 Winograd, T., Understanding Natural Language, Academic Press, New York, 1972


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